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Dossier Pessoa. Marginalia I

fernando-pessoa1ANTONIO CARDIELLO, PATRICIO FERRARI
Fernando Pessoa lettore-scrittore di George Robert Stow Mead: Finzione (o la Coscienza) come pluralità


In un passaggio di «Des livres», saggio inserito nel libro II, tuttora facente parte della biblioteca privata di Fernando Pessoa, Michel de Montaigne si pronuncia così in merito alla pratica della lettura: «Je ne cherche aux livres qu’à m’y donner du plaisir par un honneste amusement; ou si j’estudie, je n’y cherche que la science qui traicte de la connoissance de moy mesmes, et qui m’instruise à bien mourir et à bien vivre» ([s.d.]: II, 91). Pur accostandosi all’autore francese nell’attribuire un alto grado di diletto all’atto del leggere, Pessoa tuttavia pare distanziarsene per l’attitudine più riservata e compassata con cui medita sul tema della conoscenza di sé, conseguibile attraverso il contatto con i libri. Ne è prova tangibile un manoscritto intitolato «Personal Notes», probabilmente dell’inizio degli anni ‘10, dove il poeta portoghese formula la seguente riflessione intrisa di quella mistificazione teatrale che tanto contraddistinse la sua opera eteronimica:  

I have outgrown the habit of reading. I no longer read anything except occasional newspapers, light literature and casual books technical to any matter I may be studying and in which simple reasoning may be insufficient.
The definite type of literature I have almost dropped. I could read it for learning or for pleasure. But I have nothing to learn, and the pleasure to be drawn from books is of a type that can with /profit/ be substituted by that which the contact with nature and the observation of life can directly give me.
(BNP/E3, 20-13r; cf. Páginas Íntimas e de Auto-Interpretação, 1966: 20)

I numerosi volumi non inerenti alla “letteratura leggera” o a testi tecnici, acquistati proprio in epoca posteriore alla data considerata spartiacque genesico dei suoi alter-ego artistici (Marzo 1914) e finiti poi con l’integrare i 1311 libri, riviste e fogli sparsi di cui è composto attualmente l’archivio emero-bibliografico di Pessoa (cf. Pizarro, Ferrari e Cardiello, 2010), sono infatti testimonianza di come non tutto ciò che Pessoa adduce in questo brano vada preso alla lettera. Ma non solo. In egual misura, ci offrono una chiara dimensione di come il vasto campo delle discipline filosofiche costituisca un oggetto di studio intenso e ricorrente, soprattuto nei bienni 1906-1097 e 1915-1916. Proprio a questo filone appartiene il libro Quests Old and New di George Robert Stow Mead, membro influente della Theosophical Society, alle cui pagine di guardia (nella prima edizione datata 1913) Pessoa affida i marginalia presi in esame per la nostra trascrizione. Si tratta di una breve serie di proposizioni, la cui frammentarietà mina, e non poco, il tentativo di classificare il documento in questione, vuoi come  abozzo di un saggio filosofico rivolto alla denuncia dell’illusorietà e insostanzialità di categorie quali “soggettività”, “Io” e “autocoscienza” o come una raccolta di appunti di lettura quasi certamente attinenti al capitolo XI del medesimo libro di Mead.
In questa sezione vengono presentati i capisaldi del sistema speculativo sviluppato da Hans Vaihinger nel suo considerevole studio La filosofia del “come se” del 1911, fortemente influenzato dalle derive estetiche d’inflessione kantiana e nietzschiana, ostili alla pretesa protagorea dell’uomo di porsi quale punto di vista privilegiato, quale metro di misura esclusivo delle molteplicità trasbordanti della natura e della vita.
Evidenziate da Pessoa con copiose sottolineature a matita, le analisi compiute da Mead a proposito dell’opera più rappresentativa di Vaihinger, dopo essere state rivisitate nelle pagine conclusive del volume allo scopo di denunciare e destrutturare gli schemi logici e concettuali usati per razionalizzare ed ingabbiare il divenire, coincideranno successivamente con certi proclami contenuti nei versi di Alberto Caeiro o nella prosa di Antonio Mora: la Scienza, al pari della Religione e dell’Etica, è eretta su concetti astratti, immaginari e aprioristici, sprovvisti di esistenza effettiva (al contrario dell’universo fenomenico su cui agiscono) che, tuttavia, svolgono finalità essenziali in quanto ci consentono di padroneggiare la realtà. Essi, secondo un’espressione cara a Vaihinger, sono “finzioni” accolte “come se” fossero vere, utili e auspicabili, per la constatazione che lo stadio finzionale è lo stadio capace di esprimere al meglio e compiutamente l’atteggiamento critico, consapevole e edificante.
Grazie alle illusioni di cui ci avvaliamo per interagire convenzionalmente gli uni con gli altri, la contrapposizione tra il mondo dei molteplici sensi – l’unico reale – e quello della finzione, originato dall’agire della coscienza sul dato sensoriale, viene esperito spalancando dinnanzi all’uomo un nuovo orizzonte di senso per denotare l’ambigua semantica del termine verità: il risultato di una quantità immensa di errori necessari, senza i quali sarebbe impossibile volere, agire, vivere.


Marginalia contenuti in George Robert Stow Mead, Quests Old and New, London, G.
Bell & Sons, Ltd., 1913, (CFP, 1-105)

MEAD_4Vaihinger: Perché non dire che il mondo esterno è una
finzione per permetterci di affrontare il mondo astratto?

Così come un oggetto materiale può essere allo
stesso tempo e con identica realtà ciò che
è esteriormente e in ambito chimico e
fisico impercettibile, parimenti una
cosa può possedere colore e bellezza con la medesima
“materialità”, esteriorità.

Il sentimento dell’Io? L’/anticoscienza?/ –
Dipende da un senso speciale? Come?

L’errore essenziale è attribuire oggettività alla coscienza.
Tutti gli altri errori sono figli di questo – sono, per meglio dire, soltanto
questo. L’errore è questo, l’errore in sé.

L’infinito è una finzione come il metro o il grammo [1] 
La sua attitudine è principalmente matematica.

Ipotesi: Visto che il Soggetto Puro è inesistente,
può esistere solo il Soggetto non-puro, il soggetto-oggetto. Ovvero,
il soggetto è puro manifestarsi senza che vi sia ciò
che si manifesta. Non vi è coscienza; cioè,
non c’è coscienza-in sé. Vi sono solo coscienti.

Solo quando la coscienza obbedisce alla legge della pluralità
che è la 1ª legge della Realtà, solo allora la C[oscienz]a,
[5] non esistendo più come coscienza, comincia ad
esistere come Realtà, comincia ad esistere tout
court. Nei sensi è che si /vive/, solamente nei sensi. Non
c’è un senso della Coscienza, ma solo dell’io cosciente,
solo dell’errore sensuale, solo dell’io, in conclusione. 

L’errore è una realtà limitata, o, meglio,
relativa. (?) – Errore-sogno, Errore-errore (e. g. 2 + 2
= 5 in qualsiasi irrealtà del pensiero [2]), l’errore-finzione (e.g. infinito, grammo, metro)

Errore-sogno: confusione                                           L’errore è sempre
Errore-errore = imperfezione dei sensi ecc.                un’imperfezione;
Errore-finzione = □                                                      Il sogno dei sen-
                                                                                   si; l’errore
                                                                                   del pensiero [3]; la 
                                                                                   finzione, di volontà. (?)


[1] [↑ grammo].
[2] [↑ in qualunque irrealtà di pensiero]
[3] dell’attenzione [↑ pensiero];

MEAD_5_

[4 e 5]

Vaihinger: Porque não dizer que o mundo externo é uma
ficção para lidarmos com o mundo abstracto? 

Assim como um objecto material pode ser ao
mesmo tempo, e com egual realidade o que
é exteriormente e no conjunto chimico e
physico imperceptivel, assim tambem uma
cousa pode ter côr e belleza com egual
“materialidade”, exterioridade.

O sentimento do Eu? a /anticonsciencia?/ –
Depende de um sentido especial? Como?

O erro essencial é attribuir objectidade á consciencia.
Todos outros erros são filhos d’este – são, melhor, só
este. O erro é este, o erro em si.

O infinito é uma ficção como o metro ou o gramma. [1]
A sua attitude é principalmente mathematica.

Hypothese: Visto que Sujeito Puro é inexistente,
só pode existir Sujeito não-puro, sujeito-objecto. Isto é,
o sujeito é puro manifestar-se sem haver quê 
que se manifeste. Não ha consciencia; isto é,
não ha consciencia-em si. Ha só conscientes.

Só quando a consciencia obedece á lei da pluralidade
que é a 1ª lei da Realidade, só então a C[onscienci]a,
[5] deixando de existir como consciencia, passa a
existir como Realidade, passa a existir, tout
court. Nos sentidos é que se /vive/, só nos sentidos. Não
ha sentido da Consciencia, mas só do eu consciente,
só do erro sensual, só do eu enfim.

O erro é uma realidade limitada, ou, melhor,
relativa. (?) – O erro-sonho, o erro-erro (e.g. 2 + 2
= 5 em qualquer irrealidade de pensamento [2]), o erro-ficção (e.g. infinito, gramma, metro)

Erro-sonho: confusão                               O erro é sempre
erro-erro = imperfeição                            de sentidos etc.   uma imperfeição;
erro-ficção = □                                          O sonho, de sen-
                                                                 tidos; o erro
                                                                 de pensamento [3]; a
                                                                 ficção, de vontade. (?) 

Trascritto da Jerónimo Pizarro, Antonio Cardiello e Patricio Ferrari

[1] [↑ gramma].
[2] [↑ em qualquer irrealidade de pensamento]
[3] attenção [↑ pensamento]


Sigle:


BNP: Biblioteca Nacional de Portugal
E3: Espólio 3 (Archivio di Fernando Pessoa)
CFP: Casa Fernando Pessoa

Simboli:

□ spazio lasciato in bianco dall’autore
// Dubbio dello scrittore
[↑ ] aggiunta al margine superiore
< > segmento cancellato

Bibliografia

Biblioteca privata di Fernando Pessoa

Mead, George Robert Stow (1913) Quests Old and New. London: G. Bell & Sons, Ltd. (Casa Fernando Pessoa, 1-105).
Montaigne, Michel [s.d.]. Les essais de Montaigne. Publiés d’après l’édition de 1588 avec les variantes de 1595. Paris: Ernest Flammarion, Éditeurs. 4 vols. «Les meilleurs auteurs classiques français et étrangers». (CFP, 1-107).

Altre biblioteche

Pessoa, Fernando (1966). Páginas Íntimas e de Auto-Interpretação. Fernando Pessoa.
Textos estabelecidos e prefaciados por Georg Rudolf Lind e Jacinto do Prado Coelho. Lisboa: Ática.
_______ (1945). Cartas de Fernando Pessoa a Armando Côrtes-Rodrigues. Introdução de Joel Serrão. Lisboa: Confluência.
Pizarro, Jerónimo, Patricio Ferrari e Antonio Cardiello (2010). A Biblioteca Particular de Fernando Pessoa. Lisboa: D. Quixote. Acervo Casa Fernando Pessoa, 3 vols. Vol I.



NOTE BIO-BIBLIOGRAFICHE:

Patricio Ferrari (1975). Laureato in Letteratura Comparata presso l'Université de Paris III - Sorbonne Nouvelle. Attualmente sta completando una tesi di dottorato sulla metrica e il ritmo nell'opera di Fernando Pessoa. Autore di vari articoli pubblicati in giornali, riviste e opere collettive internazionali sulla biblioteca privata di Fernando Pessoa e nell'ambito della metrica comparata . Ha coordinato l'equipe di ricercatori universitari che ha digitalizzato, dall'aprile del 2008 al giugno del 2009, la biblioteca privata di Fernando Pessoa. Assieme a Jerónimo Pizarro e Antonio Cardiello ha pubblicato il libro A Biblioteca Particular de Fernando Pessoa. Lisboa, D. Quixote, Acervo Casa Fernando Pessoa, 3 vols., Vol I, 2010. 

Antonio Cardiello (1975). Laureato in Filosofia presso l'Università degli Studi di Padova. È membro del Centro di Filosofia dell'Università di Lisbona. Attualmente sta completando una tesi di dottorato sull'incidenza filosofica dell'opera di Fernando Pessoa.
Autore di vari articoli pubblicati in giornali, riviste e volumi collettivi internazionali, svolge ricerca anche nell'ambito del confronto tra tradizioni e culture d'Oriente e Occidente.
Ha coordinato l'equipe di ricercatori universitari che ha digitalizzato, dall'aprile del 2008 al giugno del 2009, la biblioteca privata di Fernando Pessoa.
Assieme a Jerónimo Pizarro e Patricio Ferrari ha pubblicato il libro A Biblioteca Particular de Fernando Pessoa. Lisboa, D. Quixote, Acervo Casa Fernando Pessoa, 3 vols., Vol I, 2010.  

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